Dal 2016 è attiva una stretta collaborazione tra PageNet e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Paolo Sirito è il capo servizio della biblioteca dell’Università Cattolica di Milano, responsabile di un team di circa 110 persone che lavorano nella struttura. È proprio lui a raccontarci del laboratorio, allestito all’interno della sede storica dell’Università Cattolica, in largo Gemelli, a Milano.
“Il nostro laboratorio è arricchito da due tipologie di scanner, gli Atiz e i Czur. Le macchine acquistate nel corso del tempo sono circa una ventina, di cui un paio dotate di un software che permette la conversione del testo in caratteri speciali per dislessici”.
Chi può accedere al laboratorio?
Il personale della biblioteca o quello delle cooperative sociali di tipo B, con cui collaboriamo. Prima ancora di allestire il laboratorio, abbiamo cominciato a formare ragazzi e ragazze con sindrome di Asperger o con disabilità fisiche, che nel corso degli anni sono aumentati. Oggi lavorano con noi stabilmente sette persone.
Una scelta interessante… Una scelta strategica, direi. Offriamo un lavoro vero a persone vere e instauriamo con loro un rapporto di fiducia. Sono giovani molto bravi e vale la pena scommettere su di loro.
Che tipo di mansioni svolgono i dipendenti della biblioteca?
Fondamentalmente suddividiamo il lavoro in front office e back office. A gruppi di dieci si danno il cambio per utilizzare gli scanner, un lavoro che non richiede una continuità fissa, ma si alterna rispetto ad altre attività, come il servizio al pubblico o la catalogazione.
Quanti libri sono conservati nella biblioteca dell’università? Circa due milioni di pezzi fisici.
In che modo si scelgono i titoli dei volumi da scannerizzare?
Abbiamo alcune linee guida di tipo strategico. Si parte da quelli in stato precario di conservazione per poi passare a quelli con un valore intrinseco maggiore.
Qual è per voi l’obiettivo della digitalizzazione?
Le biblioteche digitalizzano per conservare il loro patrimonio più prezioso e per valorizzarlo, rendendo fruibile l’opera senza farla toccare.
Esistono dei limiti di legge che vi vincolano?
Sì, certamente, quelli legati ai diritti d’autore, che noi rispettiamo rigorosamente.
Tutto quello che viene digitalizzato viene reso disponibile al pubblico?
No, una parte va ad arricchire il patrimonio e supportare l’attività scientifica della comunità accademica dell’Università Cattolica. Si tratta in particolare dei materiali archivistici, che possono essere di carattere istituzionale, oppure culturale, ovvero relativi all’opera di intellettuali, scrittori…
In quest’ultimo caso, se sono materiali riservati o inediti non possono essere resi disponibili? Esattamente, serve un accordo con il donatore (l’autore stesso o i suoi eredi).
In che modo l’attività di digitalizzazione ha cambiato il vostro lavoro?
Nel corso del tempo, la nostra attività – sia digitalizzazione, che di conservazione e gestione dei contenuti – ha riscosso un interesse crescente da parte della comunità accademica. Anche per questo, l’obiettivo che ci siamo posti è quello di aumentare i volumi di documentazione trattati. Ma non abbiamo fretta: vogliamo garantire un lavoro di alta qualità.
Avete ampliata la platea di potenziali fruitori?
Decisamente sì. Il settore delle discipline umanistiche è molto particolare, i tempi dell’innovazione non sono sempre rapidi e soprattutto omogenei. Quello che è cambiato è il modo in cui gli studenti affrontano le loro sfide, nelle ricerche e nelle tesi. Il fatto di avere a disposizione materiali digitalizzati ha richiamato molti utenti, anche esterni al mondo accademico, attratti da libri specifici, con note, glosse, dediche, le caratteristiche che di fatto rendono unica un’opera.
Non avete comunque intenzione di procedere con una digitalizzazione massiva…
No, perché crediamo che, anche per questa attività, occorra mantenere un giusto mix tra risorse cartacee ed elettroniche, in ragione delle specifiche esigenze degli utenti. L’esperienza fisica va mantenuta, la biblioteca si nutre di persone e del resto il nostro team si occupa di supportare gli utenti nel corretto utilizzo del materiale digitalizzato.
Chi decide quindi che cosa digitalizzare?
La sede di Milano della Biblioteca d’Ateneo dispone di un team di specialistiche si occupano dello sviluppo delle collezioni, dell’acquisizione di opere nuove, così come della conservazione e valorizzazione di opere pre-esistenti.
Che tipo di rapporto avete instaurato con PageNet?
Molto buono. Andrea, Maurizio e Stefano sono diventati amici nostri e dei ragazzi delle cooperative sociali di tipo B che collaborano con noi. Ancora prima di realizzare il laboratorio ci hanno supportato con un’attività di consulenza circa la scelta dei prodotti. Non hanno mai esercitato alcuna pressione a fini commerciali. Abbiamo individuato con loro lo strumento giusto per la capacità professionale dei nostri operatori. PageNet ci ha sostenuto nel montaggio e nel post vendita. La loro assistenza costante è notevole, così come è agevole attivare un contatto diretto presso la nostra sede.
Che progetti avete per il futuro?
Immaginiamo di ampliare ulteriormente questa attività. Di sicuro non aumenteremo in modo esponenziale il lavoro, non vogliamo realizzare una sorta di “catena di montaggio” della digitalizzazione. Qualità ed innovazione nei servizi offerti sono le nostre priorità. Stiamo seguendo nuove iniziative in termini di sviluppo di prodotti, facendoci consigliare da PageNet. Guardiamo con attenzione tutto ciò che è innovativo, per ampliare il parco macchine con strumenti affidabili a costi ragionevoli, come sono del resto quelli forniti da PageNet.
Avete in mente qualche scanner in particolare? No, ma se ci viene proposto uno scanner innovativo, sempre più performante, magari guidato da un sistema di intelligenza artificiale che permetta di esaltare la qualità dell’immagine e le attività di post produzione, sarebbe interessante.
Se anche tu vuoi attivare un processo di digitalizzazione presso la tua realtà scrivici una mail a info@pagenet.it