Oggi incontriamo Stefano Vaccari, esperto di scanner e servizi di digitalizzazione, attivo in PageNet dal 2016.
“Ho fatto un percorso di studi storici: laurea triennale in Egittologia e magistrale in storia economica del mondo antico. Studiavo in un archivio dell’Università Statale nel dipartimento di Scienze storiche e mi sono laureato nel 2014”.
Hai sempre avuto la passione per l’Egitto?
Sì, leggevo romanzi sin da piccolo. Una passione nata per caso, forse un libro…
Come hai deciso di iscriverti a Scienze Storiche?
Ho sempre voluto studiare queste cose. Sapevo che non era esattamente la strada per il successo nel mondo del lavoro. Ma speravo di poter avviare la mia carriera accademica. Mi vedevo come ricercatore in Università.
E come è andata? Ho partecipato a tanti bandi, ma non li ho vinti. Era molto difficile entrare in un sistema come quello universitario, soprattutto perché non ero disposto a troppi compromessi.
Che cosa hai deciso di fare allora?
Ho cominciato a lavorare in una biblioteca di Milano. L’idea del proprietario era quella di creare un centro di studio sul tema del design. Lì ho trovato uno scanner venduto da Andrea Molinari, l’ideatore di PageNet.
È così che hai conosciuto PageNet?
Sì, ma non ho iniziato subito a lavorare per loro. In questa biblioteca c’era uno scanner acquistato da un’azienda di Prato, che digitalizzava a livello nazionale e sono stato chiamato da loro per girare le biblioteche della Lombardia.
Sei diventato esperto di scanner…
Esatto. Giravo con scanner più o meno portatili e imparavo a utilizzarne altri. Parallelamente ho cominciato a lavorare per alcuni centri di ricerca collaborando al riordino di alcuni fondi archivistici.
Nel frattempo Andrea in PageNet ha ricevuto una commessa molto grande.
Ho ricevuto la chiamata di Andrea che mi chiedeva di lavorare per loro, seguendo unicamente questo nuovo cliente. Era il 2016-2017 e con lui abbiamo costruito un laboratorio di digitalizzazione in cui io e il mio team producevamo migliaia di scansioni ogni mese.
Finita la commessa, sei rimasto a lavorare in PageNet?
Sì, in parte ho continuato a scannerizzare, in parte ho cercato di sviluppare con Andrea l’azienda con la ricerca di altri clienti.
E sono arrivati? Sì, Andrea ha molte conoscenze nel mondo editoriale. Quando è arrivato il contatto con Rotomail nel 2018, le cose sono cambiate e il lavoro è aumentato a dismisura. Negli ultimi anni mi sto appassionando a cose anche molto tecniche.
Legate agli scanner? No, tutt’altro.
Ad esempio? La fisica degli alimenti e la storia del cibo, l’aerodinamica e i materiali, il motociclismo…
Piano, piano. Non sei un appassionato di storia?
Sì, certo. Ma ho sempre avuto molti altri interessi, che non sono stati fulcro dei miei studi, anche se in famiglia mi facevano notare che ero portato per studi tecnici.
Bene, partiamo dalla chimica alimentare…
Mi affascina quello che succede nel processo chimico del cucinare, dal punto di vista esperienziale. Le proteine che si slegano, entra in gioco l’acqua, si gonfia la pasta… Mi piace trovare una spiegazione logica. Leggo tanto sulla storia degli alimenti, come si sono evolute le cucine, come si sfruttavano le tecnologie in passato, l’incontro dei popoli.
Dove ti formi?
Leggo tanto su internet, più o meno approfonditamente, da articoli che cerco di selezionare con cura. Trovo articoli scientifici su banche dati apposite. Seguo diversi corsi online a tempo perso.
Hai fatto il liceo scientifico? Sì, con grande passione.
E nonostante questo hai deciso di fare lo storico… Ritenevo le scienze umane più importanti per una persona. Mi affascina sapere come si forma il glutine, ma per trovare un senso nella vita è meglio capire cosa ci muove dentro. Se capisci l’uomo, affronti meglio la vita.
Ma nella vita c’è anche l’aerodinamica… Certo, io e mio fratello (ingegnere) ci divertiamo a “disegnare” telai di biciclette. Ma, ad essere sinceri, oltre all’aerodinamica, all’alluminio e al carbonio, c’è anche lo sport.
Pure? Lo sport ha sempre avuto un grande peso nella mia vita. Ne pratico molti ma ho sempre nuotato, con pause intermedie, per studio e per contingenze varie. A 18 anni avevo una lontana speranza di diventare qualcuno nel nuoto.
Quante volte ti allenavi? Anche cinque volte alla settimana. Ero un ranista. Ho nuotato fino all’università, poi ho smesso pian piano.
Torniamo in PageNet. Che cosa ti piace di questo lavoro?
Credo che l’ambiente abbia un ruolo determinante. Il lavoro a tratti è entusiasmante, soprattutto avere a che fare con materiale antico e di interesse storico è molto rilevante per uno come me. Anche solo sfogliare giornali di decenni fa è proprio bello. Mi ha sempre appassionato codicologia e lo studio dei libri antichi. Nonostante abbia avuto altre esperienze lavorative e la possibilità di cambiare, in PageNet mi trovo con le persone giuste in un ambiente sano.
Perché? In PageNet diciamo che siamo budget friendly, ma io direi che prima di tutto siamo friendly, amichevoli. Tra noi abbiamo un rapporto schietto, diretto. Siamo precisi nel lavoro e abbiamo delle idee, una visione…
Cioè? Quando uno digitalizza, sta salvando dall’oblio quello che andrebbe perduto oppure rende fruibile quel materiale a tutti. Siamo convinti di fare qualcosa di buono a livello culturale: far rendere qualcosa che per mille motivi non è stato del tutto valorizzato. Siamo creativi anche noi, nonostante lavoriamo con macchine e scanner. Cerchiamo di trovare una soluzione personalizzata per ogni singolo cliente, per ogni sua esigenza.
Spesso sono esigenze pratiche?
Sì, generalmente il problema da risolvere è la necessità di liberare una stanza. Da qui la digitalizzazione dei materiali. Ma da un problema si passa alla scoperta di un valore.
Quale cliente ti ha colpito di più?
Mi ritengo fortunato, perché mi sono trovato sempre bene con tutti. Certo, alcune volte il materiale da digitalizzare non è sempre stimolante o interessante. Tra i clienti più affascinanti ricordo la rivista dell’ANA (Associazione Nazionale Alpini) oppure il Corriere vinicolo dell’Unione Italiana Vini. Ma indimenticabile è stata quella settimana trascorsa nel castello di Racconigi, in provincia di Cuneo. Sono rimasto lì per giorni a digitalizzare materiale storico.
Il contesto era molto coinvolgente…
Quello che mi ha sempre affascinato nei miei studi era la necessità di immaginare cose che non ci sono più. La storia è l’insieme di fatti concreti, ma quando la studi ti devi prefigurare la vita di un uomo del tempo con un lavoro di immaginazione. A volte, come nel caso del castello di Racconigi, tocchi con mano e vivi quello che hai studiato. Questo dà un senso al tutto, concretizzi ciò che hai sempre pensato in astratto.
È come trovarsi col corpo in mezzo a ciò che hai sempre frequentato con la mente…
Esatto, come quando leggi un libro, ti appassioni e immagini un ambiente e vai a visitare quei posti.
Se tornassi indietro, rifaresti tutto il tuo percorso di studi?
Decisamente sì. Certo, mi farei più furbo e sarei più disposto a compromessi. Ma non rimpiango niente, anzi lo consiglierei a tanti.
Hai un sogno nel cassetto?
Sogno di esplorare in moto le strade più remote d’Islanda. Serve un’attrezzatura adeguata, ma mi piacerebbe tantissimo.
Non è un’esperienza estrema?
No, ci sono tutte le condizioni per farlo. Ho già visitato l’Islanda, certo d’estate può essere più gradevole dal punto di vista delle temperature.
Perché in moto?
Per godere di più il paesaggio e sentire i profumi di quell’aria così magica.